2018 THE SILK ROAD PROJECT © Massimo Marazzini
“La liberazione dal mondo dell’industria si è stabilita essa stessa come industria, il viaggio (di evasione) dal mondo delle merci è diventato una merce” (H.M.Enzensberger). Non fa eccezione il Silk Road Project, quel tratto di via che in Asia Centrale attraversa l’Uzbekistan e riporta Khiva, Bukhara e Samarcanda al loro passato di snodi fondamentali per il transito carovaniero. “Kan ma kan”, c’era e non c’era: così iniziano le fiabe arabe. La via della seta era “Kan ma kan”, una rete, oggi è un progetto: percorrendola, il turista/viaggiatore incontra una popolazione giovane e vivace, i riti e i luoghi sacri di un Islam accogliente, le meraviglie monumentali volute da Tamerlano e rilucidate dal post-sovietico Karimov, l’abilità artigianale. Vive, sentendosi ospite e protagonista in una carovana privilegiata, i ricoveri, i ristori, i disagi della pista, vive i mercati e le vendite. Ma deve stare al suo passo. Perché è la Via che scandisce il ritmo, lei che detta le regole. E dona il senso del destino. Forse il turista/viaggiatore, nei luoghi e con la gente, mai riesce a dimenticare di essere la pedina costitutiva dell’industria del turismo, la più importante del nuovo secolo anche nell’Uzbekistan moderno e post-comunista, ma decide di stare al gioco e accetta di essere proprio lui, adesso, il nuovo e prezioso drappo di seta.